Un cofanetto in bronzo dell'età nuragica, rinvenuto presso il nuraghe Lunghenia di Oschiri e ora al Museo Archeologico di Cagliari, riveste particolare interesse, perché riproduce, in piccola scala, l'arca di legno tradizionale. Da questo bronzetto si può appunto dedurre che il prototipo delle 'cascias' risalga all'età nuragica.
Apribile dall'alto, le quattro facce del cofanetto sono scompartite da risalti
 
     
orizzontali, che ricordano la struttura lignea della cassa. Fonti certe, affermano che la cultura della cassapanca abbia avuto inizio proprio nel centro della Sardegna, nel cuore della Barbagia,"cascias barbaricina' perché, la zona, molto ricca di boschi di castagno, riusciva a produrre una grossa quantità di materia prima. Il legno di castagno, infatti, perché compatto e ricco di tannino risultava essere ottimale soprattutto per la conservazione di derrate alimentari in quanto non veniva intaccato dal tarlo. Gli alberi, abbattuti a fine inverno, venivano squadrati con l'ascia, segati a lastroni e lasciati stagionare e solo in primavera, il materiale veniva trasportato nelle botteghe artigiane per essere impiegato nella costruzione delle casse. La cassa, era quindi, un elemento di arredo che ogni famiglia possedeva perché, nella sua modestia, conveniva alla povertà dell'ambiente tradizionale. Solo con il tempo, andò a delinearsi una netta distinzione delle cassepanche sulla base della grandezza.
La cassa più grande e senza nessun ornamento, chiamato 'Su Cascione' veniva utilizzata esclusivamente per la conservazione delle derrate alimentari, solo con l'instaurarsi del periodo Bizantino, andò a delinearsi la cultura dell'intaglio, ha origine infatti "Sa Cascia" finemente lavorata con decori, utilizzata per custodire il corredo della sposa. Ed infine, quasi parallelamente iniziò a diffondersi la cassa sempre più piccola, 'Su Cascioneddu' anch'esso intagliato, per custodire il corredo dello sposo.
Oggi queste cassapanche, un tempo così sottovalutate, costituiscono un patrimonio di notevole valore artistico e culturale da valorizzare e salvaguardare. Ciò che le caratterizza maggiormente, è l'intaglio a scavo, una sorta di bassorilievo più o meno profondo, inciso con infinita disposizione di tagli affatto arbitrari, fantastici ma sempre armonici e individuali. Anticamente, si usava dipingerle in rosso, cospargendole e impregnandole di sangue ovino o di bue che, per le sue proprietà cromatiche, in seguito ad ossidazione, conferiva al mobile un colore bruno lasciandovi al contempo una pattina protettiva. Altre colorazioni, erano ottenute mediante l'uso di tinture preparate con essenze vegetali, ne era un esempio, il mallo della noce, ma, anche con terre colate e in tempi più recenti con l'anilina.
   

Sulla base degli aspetti decorativi, le casse vanno a distinguersi in due tipologie:

-Barbaricina o Aritzese
-Lussergese

Entrambi gli stili, sono accumunati da un unico sistema strutturale rappresentato da quattro pannelli: uno anteriore, quasi sempre decorato "Sa Facciada", uno posteriore e due laterali poggiati su un fondo adagiato su due cavalletti, che fungono da due piedi, altro elemento generalmente ornato.

   
Il tutto è chiuso in alto da un coperchio apribile su due o più cerniere, eseguite nello stesso laboratorio di produzione della cassa. I due tipi si differenziano principalmente per l'ornato della parete anteriore. La cassa barbaricina, maggiormente diffusa nel territorio isolano, è caratterizzata da diversi motivi ornamentali delle cornici "su giru", che si dispongono a lista l'uno accanto all'altra, per circondare il campo centrale 'sa mustra', di solito decorato da composizioni figurative e simboliche. Le cornici erano intagliate con motivi floreali (palmette, rosette etc.) e geometrici (spirali, triangolari etc.) prodotte in lunghe liste pronte, per il montaggio, che venivano segate secondo le dimensioni della casse, per cui l'interruzione netta di alcune fasce decorate non rispettava l'inizio e la fine di un motivo decorato. Questi motivi, venivano applicati sulla superficie del pannello anteriore della cassa, mentre al centro di questa erano intagliati direttamente i motivi caratteristici che la contraddistinguevano per richiesta del committente o per l'estro dell'artigiano. Il centro del pannello era il campo in cui l'artigiano si sbizzarriva, la sua fantasia nella lavorazione di varie composizioni: alberi, uccelli, cuori, astri, cerchi, triangoli e figure idealizzate, tutti motivi della lunga storia iconografica della Sardegna e degli impliciti significati di buon auspicio. In tanti secoli la raccolta e l'elaborazione dei simboli sono avvenuti con una graduale assimilazione dell'immagine e del suo significato.
La grande cassa sarda, intagliata, incisa, graffita, scolpita, che si tramanda per generazioni e rimane custode e testimone delle umane vicende di un popolo, di un villaggio, di un paese, di una famiglia, era uno dei pochi mobili che nel passato componeva l'arredo di un'abitazione.